Un attimo: stai confondendo le cose. Potrebbe essere colpa del traduttore, a meno che tu non abbia letto in originale. E, sulla stessa scia, in merito al pastone che trovi quantomeno opinabile, prova a rileggerti: inizialmente hai abbracciato l'idea-pastone. Adesso ne stai prendendo le distanze, e addirittura esprimi biasimo. Come la mettiamo?
Li ho letti in originale. Non so se ti riferisci al mio ultimo messaggio o alla sequenza di messaggi. Se questo e' l'ultimo caso, no, rispetto a
S. ho specificato fin dall'inizio che bisogna distinguere i vari piani della lingua, e che in merito al lessico, anche lì bisogna andarci cauti.
Per chiarire: rigetto l'idea-pastone, perche' basata su un equivoco di fondo: cioe' Irigaray & co. confondono il GENERE linguistico con il GENERE (=sesso) degli oggetti designati. E' un errore che pero' fanno moltissime grammatiche anche delle lingue romanze: in pratica si parte dall'osservazione che, in genere, gli organismi sessuati hanno un nome che corrisponde linguisticamente al loro sesso (es.
l'orso, l'orsa). Di lì si parte con l'idea che i nomi danno un sesso alle cose, il che non ha senso perche' il nome e' una convenzione, e infatti cambia di genere di lingua in lingua anche nella stessa famiglia linguistica: ho “la” sabbia in italiano, ma “il” sabbia in francese, questo cosa vuol dire, che il francese è piu’ sessista dell’italiano? Si cade in assurdità indifendibili.
Invece ho provocato con il dialogo sull’ingegnere, perche’ rispetto a Pam, Makabe e credo Bubu, effettivamente credo che ci sia un problema creato dall'invisibilita' femminile nelle designazioni dei mestieri. Quando si dice che con gli anni '60 in Italia "le donne hanno cominciato a lavorare", si dimentica che le donne hanno sempre lavorato, solo che hanno generalmente fatto mestieri umili: fare la lavandaia o la mondina era una necessita' di chi non aveva il marito ricco da mantenerti "come una signora"; il lavoro femminile e' diventato Lavoro (con la ‘l’ maiuscola) solo quando le donne hanno cominciato a fare le poliziotte o le magistrate.
Ora, quando scopro che per tutto il Medioevo, le donne europee hanno goduto di una libertà d’iniziativa sorprendente, e che hanno esercitato mestieri ‘nobili’ entrando nelle corporazioni di arti e mestieri (da cui sono state escluse nel Rinascimento), mi rendo conto che tutta questa esperienza e’ stata come azzerata dall’invisibilità linguistica. A mio modo di vedere, il fatto che “sindaca” o “ministra” ecc. siano usate in forma di dileggio per dire quanto sono incapaci le donne che ricoprono quell’incarico, o che le donne stesse che di mestiere fanno l’avvocato che insistono per essere chiamate al maschile appunto perche’ si sente il femminile come dileggio, è un problema. Piccolo quanto si vuole, ma rivelatore dei rapporti uomo/donna.
Personalmente non mi piace la desinenza -essa per indicare il femminile di una professione (anche dottoressa mi piace poco). La cosa sarebbe risolvibile facilmente (si vabbè nel linguaggio scritto un avvocato e un'avvocato indicano il genere ma è banale) nel parlato aggiungendo il nome: ma vi ricordate "Il Presidente della Camera Irene Pivetti"? Il Professor Rita Levi Montalcini, Lo Psicologo Paola Cippalippa, l'ingegnere Giuseppina Sonoungenio, l'avvocato Maria Tassolvo ecc. ecc. Vi sembra tanto degradante? A me sembra "economico" dal punto di vista del linguaggio.

… e allora perche’ Carmen Consoli è “una cant
ante” invece che “un cantante”, mia zia è “un’impieg
ata” e non “un impiegato”, mia mamma “una ragioni
era” invece che “un ragioniere”, e……. io sono stata per un momento definita “tutto
loga” invece che “tuttologo”? ;-D
Ti accorgi bene che usare il maschile è una forma di resistenza ad una regolarità morfologica perfetta dell’italiano, non c’è nessuna economia.