Io ne avevo parlato con alcune dottorande. Non sono state negative, ma mi hanno detto con chiarezza che, almeno in ambito umanistico, è difficile ottenere una borsa di studio e alla fine non è sicuro che si riesca a rimanere in ambito universitario. Però me l'hanno descritta come un'esperienza interessante, poi tieni conto che il lavoro scarseggia comunque, quindi se anzi che essere disoccupata fai un dottorato non hai niente da perdere.
Fare il dottorato serve essenzialmente se poi si vuole/spera di rimanere a lavorare in ambito universitario o (in generale) della ricerca. Questo vale sia per l'Italia che per l'estero (e almeno il PhD è riconosciuto ovunque, senza le tante procedure che capita di dover mettere in atto per l'accreditamento della laurea, a volte - vd. USA - persino del diploma).
Quindi, se anche le prospettive in patria sono vicine allo 0 fisso, se in ogni caso si spera di fare il salto verso l'estero è una fase non eludibile.
Da un paio d'anni le borse di studio sono diventate più accettabili e si aggirano mediamente attorno ai 1000€/mese (che non è male visti gli stipendi correnti) e con la gestione separata si accumulano mesi utili per quando (se mai) fra 300 anni ci si troverà a fare i conti con l'INPS. Il tutto per un triennio. Ovviamente questo vale solo per chi vince il concorso con un posto "con borsa", che si badi però mica è prevista per tutti i vincitori (soprattutto nelle facoltà umanistiche o di scienze sociali). I senza borsa, beh diventano sempre più rari i casi di chi riesce a finire il percorso. Gli obblighi di frequenza, le ore di ricerca, studio, la necessità di partecipare a convegni ecc.: estremamente difficile conciliarli con la necessità di lavorare. Il guaio è che con le continue accettate all'università non solo diminuiscono i posti con borsa, ma addirittura chiudono interi dottorati per mancanza di fondi di copertura.
Il dottorato dà anche qualche punticino in più se si decide di partecipare ai concorsi pubblici o se la propria mira è l'insegnamento nelle scuole; tuttavia non so quanto convenga poichè quei punti potrebbero essere accumulati (se ci si riesce) anche con lavori a tempo determinato dentro il settore.
Poi beh, non subito ma nel futuro può sempre diventare un titolo in più una volta difficoltosamente avviata una carriera in campi almeno compatibili.
Dunque, eccettuate le sempre più difficili ricerche di lavoro all'estero certo non dà molti sbocchi immediati, in particolare per i "non scienziati", tuttavia è un'esperienza lavorativa importante ed anche gratificante, che non ha nulla a che fare con il restare a frequentare l'ambiente universitario. E' un piano decisamente diverso a livello di impegno e approccio personale, oltre che professionale.