Due parole prendendo spunto da quel che esponeva Cettyola.
Nessuno ci educa a reagire agli abusi da parte degli uomini. Il "se l'è cercata" si può leggere anche in senso passivo. Sono molte - troppe - le donne che non denunciano le violenze fisiche e psicologiche da parte di compagni, mariti e violentatori in genere. Si proteggono dei delinquenti perché il mondo è sempre stato così, per vergogna, per amor di pace, per i figli.
Non si spiega che quando ci toccano ci sentiamo sporche noi, proviamo vergogna noi, mentre chi ci tocca si senta soddisfatto, non si spiega che diventiamo complici di chi ci fa del male se non con la convinzione di valere poco, di meritare in fondo in fondo le botte e lo stupro - la madre di una mia amica appoggiava il genero che picchiava sua figlia. Se gli uomini sono predatori le donne hanno la mentalità da preda: io stessa, pur con una coscienza femminista, al momento di denunciare uno che gratuitamente e senza alcun permesso mi aveva toccata, mi sono confusa, ho perso lucidità, non capivo cosa fosse giusto fare. Un comportamento irrazionale, forse atavico, forse indotto da una lunga tradizione culturale, si sostituiva alla mia razionalità e al sacrosanto diritto di avere giustizia.
Dovremmo imparare a conoscere le nostre emozioni e i nostri istinti, a gestirli per non far del male agli altri, ma anche per non fare del male a noi stessi.