Sono arrivata fino alla quinta puntata e credo valga la pena spenderci qualche parola.
Mi piace il fatto che la rilevanza dell'omicidio, o della presunta serie di omicidi, sia molto modesta nei primi due episodi, dove si illustrano perlopiù le personalità dei due protagonisti. Il delitto resta sullo sfondo e sembra quasi una scusa per parlare di loro due. Quando però il motivo per cui quell'evento viene rievocato inizia a prendere corpo, lo fa con una virata decisa e molto coinvolgente, i cui sviluppi sono curiosa di scoprire.
Il detective interpretato da Harrelson potrebbe apparire più prevedibile, un americano del sud con qualche eccesso nel bere e nelle reazioni. Tuttavia la possessivita' che è alla base di ogni suo rapporto con le donne a vario titolo importanti - la moglie, l'amante, e, come avevo intuito, le figlie una volta cresciute - non mi pare un dettaglio ma un pilastro, il fondamento di tutta la sua insicurezza e del bisogno di controllo assoluto, inevitabilmente destinato alla frustrazione e fonte di potenziali sbrocchi emotivi.
Il personaggio di Mc Conaughey e' quasi doloroso da ascoltare, perché è quanto di più lontano da ogni forma di auto inganno e illusione o espediente di quelli che tutti utilizziamo per andare avanti giorno dopo giorno. Non c'è riscatto o redenzione, solo l'idea di quel momento di sollievo un attimo prima della fine. Quasi ti chiedi come mai uno così abbia messo al mondo un figlio, ed è probabile che il suo atteggiamento attuale risenta di quel lutto insuperabile. Che forse però non basta a spiegarlo, da solo.
Mi piace anche la sigla, con quei panorami vasti interrotti solo da residuati industriali, e i volti della provincia più profonda.